Sulle orme di San Francesco

spoleto

spoleto

Spoleto, città pittoresca e austera, con una storia antichissima, è uno dei principali centri turistici dell'Umbria, oltre che per l'importanza dei suoi monumenti archeologici: romani, altomedioevali e rinascimentali, per le interessanti manifestazioni culturali che vi si svolgono.

Spoleto e la Valle spoletana sono divenuti il simbolo dell'Umbria: del suo fascino naturale; delle sue bellezze artistiche; della poesia che l'avvolge; del misticismo che in essa vi fu vissuto e che da essa continua a sprigionarsi.
Ed è continuamente riferibile la frase d'ammirazione di S. Francesco: Nil iucundius vidi valle mea spoletana (Non ho visto niente di più giocondo della mia valle spoletana).

Spoleto, unitamente al suo territorio, è uno degli elementi essenziali della biografia di frate Francesco, soprattutto sino a quando il Santo operò ed agì nell'ambito della sua città e delle zone immediatamente prossime; conseguentemente, va considerata come presente nella biografia del Poverello ben più di quanto non risulti dalle fonti che specificamente la ricordano.

Spoleto, anche se non esplicitamente nominata, "ritorna" ripetutamente: quando si apprende che Francesco va a Roma, come pellegrino prima, con i suoi compagni poi; e non è ipotesi azzardata, precisa Raoul Manselli, il pensare che possa essere stata tappa obbligata del loro viaggio. Lo fu certamente in uno dei momenti cruciali della vita di Francesco, quando egli aveva pensato di partire per la Puglia, nella speranza di poter finalmente ottenere l'agognato rango di cavaliere o, come allora si diceva, di "miles".

Narra la Leggenda dei tre compagni (cap. II):
Passarono degli anni. Un nobile assisano, desideroso di soldi e di gloria, prese le armi per andare a combattere in Puglia. Venuto a sapere la cosa, Francesco  preso a sua volta dalla sete di avventura.
Così, per essere creato cavaliere da un certo conte Gentile (Giovanni di Brienne), prepara un corredo di panni preziosi; poichè, se era meno ricco di quel concittadino, era però più largo di lui nello spendere.
(...) Messosi dunque in cammino, giunse fino a Spoleto e qui cominciò a non sentirsi bene.
Tuttavia, preoccupato del suo viaggio, mentre riposava, nel dormiveglia intese una voce interrogarlo dove fosse diretto. Francesco gli espose il suo ambizioso progetto.  E quello: "Chi può esserti più utile: il padrone o il servo?". Rispose: "Il padrone". Quello riprese: "Perchè dunque abbandoni il padrone per seguire il servo, e il principe per il suddito?". Allora Francesco interrogò: "Signore, che vuoi ch' io faccia?". Concluse la voce: "Ritorna nella tua città e lì ti sarà detto cosa devi fare; poichè la visione che ti è apparsa devi interpretarla in tutt'altro senso".
Destatosi, egli si mise a riflettere attentamente su questa rivelazione. Mentre il sogno precedente, tutto proteso com'egli era verso il successo, lo aveva mandato quasi fuori di sè per la felicità, questa nuova visione lo obbligò a raccogliersi dentro di sè.
Attonito, pensava e ripensava così intensamente al messaggio ricevuto, che quella notte non riuscì più a chiuder occhio.
Spuntato il mattino, in gran fretta dirottò il cavallo verso Assisi, lieto ed esultante.
E aspettava che Dio, del quale aveva udito la voce, gli rivelasse la sua volontà, mostrandogli la via della salvezza. Ormai il suo cuore era cambiato. Non gl'importava più della spedizione in Puglia: solo bramava di conformarsi al volere divino
.

Nasce spontaneo domandarsi dove il giovane Francesco abbia potuto fermarsi a Spoleto; la sua ricchezza, la sua ambizione ed il suo stato di salute - tutt'altro che eccellente - inducono a ritenere che egli non sia andato in un qualsiasi ospizio, ma abbia trovato ospitalità presso qualcuno o più comodo alloggio; inoltre non doveva essere solo: certamente, essendo perfettamente normale, in quei tempi, che un "miles" avesse il suo accompagnamento, si può dedurre che accanto all'assisiate ci fosse un "cliens", ossia uno scudiero.

A Spoleto, quindi, - considerata la "Via di Damasco" di Francesco -, frantumato il sogno terreno dell'Apostolo umbro, sbocciò limpido il suo ideale di santità e di dedizione nuova e generosa al Signore.
L'occasione - puntualizza Carlo Bandini - coincide con questa sua fermata nella ridente cittadina umbra; e non sembra improbabile che vi apportassero un contributo - la goccia che fa traboccare il vaso - la tradizione religiosa che, in modo così imponente, è connessa alla storia di questa città, e la vista e il fascino di questi luoghi (C. Bandini, L'Umbria e il suo Santo, 1927).

Spoleto diventa, quindi, il momento iniziale, ma anche centrale di una evoluzione interiore, non tanto perchè nel mio principio è la mia fine, quanto perchè vi si poneva l'alternativa esistenziale ed il problema della scelta definitiva.

Infatti, stando alla "Vita Prima" del Celano, la città ha un suo rilievo nel viaggio di ritorno di Francesco e dei suoi compagni da Roma, e per una circostanza importantissima (vd. I Cel., 34).

Giunti, infatti, in questa località, riaffiora il problema, che Francesco in precedenza aveva già deciso per suo conto, se cioè dovessero vivere la loro vita religiosa fra gli uomini o ritirarsi in luoghi solitari.
Non è un'ipotesi azzardata il pensare a Monteluco o a luoghi consimili, ove da tempo vi erano i romitori.
Certo, la vita solitaria avrebbe evitato tentazioni, difficoltà, angustie, umiliazioni, consentendo una tranquilla, se pur dura, vita di contemplazione.
Ma, come dice il Celanese in maniera molto esplicita, Francesco scelse di vivere non per sè solo, ma per Colui che è morto per tutti, sapendo che egli è stato inviato per ciò, per lucrare a Dio le anime, che il diavolo si sforzava di strappargli.

Nell'area spoletana, dunque, e non ci sembra circostanza di poco rilievo, anche se ne è testimone il solo Tommaso da Celano, sarebbe stata presa una decisione di comune intesa, ma significativa di tutti, e cioè di rivolgere la propria opera non per la sua salvezza individuale, ma per l'aiuto e la salvezza del prossimo.

La testimonianza - lo si ripete - è unica; ma la sua importanza è stata sentita in tutta la sua amplissima significazione se viene ripresa in pieno nella "Legenda maior" di S. Bonaventura, il quale non solo la colloca in modo da porne in rilievo il significato per l'Ordine come per la Chiesa, ma la presenta come una precisa continuazione dell'opera di Cristo stesso, che avrebbe addirittura indicato con una rivelazione la via da percorrere.

Spoleto, dunque, è presente nella biografia di Francesco per due eventi eccezionali: era un obbligo evidenziarli!