Sulle orme di San Francesco

Valle Santa reatina

Valle Santa reatina

Nessun'altra Valle, dopo quella Spoletana, si presenta così strettamente legata alla splendida figura di frate Francesco, come quella Reatina. Agli inizi del Novecento, il danese Giovanni Joergensen, uno dei più accreditati storiografi francescani contemporanei, affermava: Tre Vallate italiche sono state amate da S. Francesco: la Valle Spoletana, dove nacque e morì, la Valle del Casentino, dove ricevette le stimmate e la Valle Reatina, segnata come un immenso segno di croce dai quattro Santuari francescani: Fontecolombo, Greccio, Poggio Bustone e la Foresta.

Lo stesso autore puntualizzava: Grandi cose hai vedute, o valle di Rieti, ed i grandi ricordi aleggiano sempre intorno ai tuoi antichi conventi, e fanno rivivere al devoto pellegrino l'umile e gloriosa storia del più grande figlio d'Uomo, dopo Cristo! . Un altopiano, quello reatino, fatto di insolito splendore e di assoluta serenità, circondato, da ogni parte, dai vetusti monti Sabini, austere e silenti sentinelle. In questa pianura - sottolinea il Wadding -, nella città, nel lago (di Piediluco), nei monti, ovunque si rinvengono vestigia di Francesco, poichè ovunque in queste parti il Signore operò per suo mezzo cose mirabili; e qui l'Uomo Santo di Dio, costruì nei luoghi più elevati, e orientati in forma di croce, quattro solitari Conventi .

La Valle reatina, gelosa testimone del primo periodo di apostolato di Francesco, fu terra dilettissima al Santo assisiate, il quale vi far� fiorire, in pieno splendore, la mirifica poesia degli eroici primordi della sua "fraternitas". Il Lanzi, riferendosi a questo territorio, sottolinea: �La leggenda francescana avvolge questi luoghi passo per passo, n� a noi lice di trascurarla, almeno per la parte pi� antica, che forma la trama di tutta quella poesia minoritica, la quale, meglio che dai codici dei cronisti, � diffusa in queste campagne per la tradizione discesa dall�avo all�avo e per la eloquenza dei ricordi e degli umili monumenti che sono sparsi pei colli e pei monti della contrada�. E quell�aura puramente serafica che si respira a Poggio Bustone, a Greccio, a Fonte Colombo e a La Foresta, a detta del Cavanna, �invano si cercherebbe nell�ampia Valle spoletana e forse in tutta Italia� . Frate Francesco, nell�estate/autunno del 1208 , in una delle sue prime missioni apostoliche, giunse nella incantevole Valle dominata dai superbi monti del Terminillo, luogo ormai considerato - insieme alla Valle ternana - la sua seconda patria. Nei primissimi anni, quindi, Francesco e i suoi "fratres", pervasi dall�irrefrenabile desiderio di vedere il proprio entusiasmo dilagare sulla terra, iniziarono il loro apostolato, forti dell�esortazione del loro Maestro: �Fratelli carissimi, consideriamo la nostra vocazione. Dio, nella sua misericordia, ci ha chiamati non solo per la nostra salvezza, ma anche per quella di molti altri. Andiamo dunque per il mondo, esortando tutti con l�esempio pi� che con le parole, a fare penitenza dei loro peccati e a ricordare i comandamenti di Dio (...). Non abbiate paura di essere ritenuti insignificanti o squilibrati, ma annunciate con coraggio e semplicit� la penitenza. Abbiate fiducia nel Signore, che ha vinto il mondo! Egli parla con il suo Spirito in voi e per mezzo di voi, ammonendo uomini e donne a convertirsi a Lui e ad osservare i suoi precetti. Incontrerete alcuni fedeli, mansueti e benevoli, che riceveranno con gioia voi e le vostre parole. Molti di pi� saranno per� gli increduli, orgogliosi, bestemmiatori, che vi ingiurieranno e resisteranno a voi e al vostro annunzio. Proponetevi, in conseguenza, di sopportare ogni cosa con pazienza e umilt��. E impegnati nelle loro missioni apostoliche, i "Penitenti di Assisi", �dove entravano, fosse una citt�, un castello, un villaggio, un�abitazione, annunziavano la pace, esortando uomini e donne a temere e amare il Creatore del cielo e della terra, e ad osservare i suoi comandamenti� . Il Santo assisiate con il suo primo drappello di proseliti aveva gi� percorso la Marca d�Ancona e l�Umbria, ma voleva spingersi pi� lontano. Scese verso il Sud, per la strada che avrebbe dovuto percorrere, venendo da Spoleto, se avesse proseguito la sua avventura cavalleresca tra le milizie di Gualtiero di Brienne. A Terni, risal� il tortuoso corso del fiume Nera in cui, maestosamente, si gettano le scintillanti cascate delle Marmore. Quella montagna di acque vive di certo lo affascin� per un momento, ma non era venuto qui per godere la solitudine, doveva convertire Rieti, dove, secondo quanto aveva appreso, la gente volgeva al paganesimo a causa della dolcezza di quella felice valle . E in questa ubertosa terra, dappertutto, come dice la leggenda, frate Francesco trover� il timore e l�amore di Dio quasi estinti, e la via della penitenza quasi deserta. Al contrario, la via larga, la via del mondo, quella via per la quale gli uomini sono trascinati dai cattivi desideri, era gremita di gente. Compito principale del Poverello serafico era quello di �sbarrare le false sterminate vie della cupidigia�. Narrano le Cronache: �E� un fatto che oggi ancora, in tutta la vallata di Rieti, tra gli abitanti si considera la predicazione del Santo in quei primi tempi, come una vera evangelizzazione, nel senso pi� stretto della parola, cio� come una conversione dal paganesimo al cristianesimo�. Dopo aver costeggiato il lago di Piediluco, delizioso specchio d�acqua incassato tra i monti del ternano e del reatino, Francesco si affacci� nella piana di Rieti: autentico anfiteatro di monti solcato dalle acque del Velino, fortemente colpito dalla visione di un paesaggio che, mantenendo inalterata la sua belt�, � indicato dal Cant� come: �la Svizzera d�Italia�, e ritenuto dal Sabatier �uno dei pi� belli d�Europa�.