Il Movimento Benedettino Umbro

San Benedetto da Norcia, la città

San Benedetto da Norcia, la città

Meravigliosamente "incastrata" tra l'Umbria ed il Piceno, tra la Salaria e la Flaminia, attraversata dalla via Nursina, che univa queste due strade consolari, Norcia aveva fornito Roma di uomini e famiglie celebri. Militari famosi per le "guerre romane"; gente di carattere forte, i Nursini, pur iscritti alla "Tribus Quirina", si governavano secondo la tradizione delle popolazione sabine, cui appartenevano, e il potere municipale era esercitato dall' "Octovir duovirali potestate", dal senato dei "decurioni", dai "quattuor in iure dicundo", dagli "edili", da un "patronus municipii" e da un "magister iuvenum". Quando Benedetto entrò sulla scena della vita, nel 480 circa, Norcia, chiusa nelle sue mura romane - la cui base ancora oggi fa da sostegno alle attuali del sec. XIII -, viveva dei suoi commerci, assicurati anche dalla folta colonia ebraica, presente dai tempi dell'imperatore Vespasiano, figlio della nursina Vespasia Polla, e nato appena al di là dei confini municipali, a Falacrine, in territorio reatino. Sul foro, divenuto in periodo medievale la "platea maior" (la piazza maggiore), si affacciavano gli edifici più importanti: la Basilica Argentea, dedicata ormai alla Madre di Dio, e legata al ricordo dell'evangelizzatore San Feliciano di Forum Flaminii (Foligno) e del presbitero Pisenzio; il palazzo municipale e altri edifici minori.

Reggeva la Chiesa Nursina il vescovo Stefano, pieno di zelo per la fede cattolica, contornato da un buon clero e da un folto stuolo di monaci. Tra queste popolazioni, così austere, il Cristianesimo trovava larga accoglienza e il clero, condividendone la vita giornaliera, era facilmente ascoltato e quindi riferimento importante per ciascuno. Benedetto, nato da famiglia più che agiata, ricevette dai genitori una solida formazione cristiana; allietato dalla nascita di una sorella, Scolastica, si legò fortemente a lei anche negli ideali di vita. Sembra quasi superfluo per un personaggio il cui riferimento distintivo è la sua città, chiederci dove sia nato. Il papa Gregorio Magno, suo biografo, scrive che Benedetto nacque in "Provincia Nursiae", cioè nel territorio del "Municipium Nursinum", probabilmente in una delle proprietà paterne. E' però tradizione antichissima, che lo stesso Benedetto sia cresciuto in quel grande edificio pubblico romano, sottostante l'attuale basilica a lui dedicata, che secondo gli esperti, risale al sec. I d.C. A questo stesso edificio, riscoperto agli inizi del Novecento, aveva fatto riferimento, circa l'anno 865, un monaco di Fleury in Francia, di nome Adrevaldo, in un volume da lui scritto e intitolato "De miraculis s. Benedicti". In esso è l'accenno più antico alla Casa di San Benedetto e allo stato fatiscente di quel palazzo, dovuto anche alle difficoltà create dalle invasioni dei passati secoli. Adrevaldo scrive: "Quantae dignitatis parentibus progenitus fuerit, testantur ruinae palatii eorum, cum aedicula prope moenia Nursinue urbis sita. Tantae quippe magnitudinis perplexique operis ex fundamentis constitisse convincitur ut quaelibet palatia potentissimorum superavit regum nec modicis, queat reparari impensis".

Tutti coloro che finora hanno scritto di questo edificio, hanno parlato di tradizione tarda o di poco conto. A questo proposito doveroso fare alcune osservazioni. La testimonianza di Adrevaldo, rispetto alla morte di San Benedetto (550 c.)  tarda di trecento anni, ma, ci si chiede perchè i Nursini, proprio in mezzo a delle rovine abbiano costruito questa "aedicula", questa cappelletta, se non vi avessero riconosciuto un solido riferimento tradizionale. Detta "aedicula", certamente, doveva risalire a tempi assai precedenti la notizia floriacense, e lo storico franco, il quale sembra aver visto con i propri occhi, accetta pacificamente che quel grande palazzo diruto fosse la casa di San Benedetto come indicatogli. Benedetto, dopo tutto, a Norcia non era conosciuto per la "Vita" compilata da papa Gregorio Magno, ma aveva lasciato amici, parenti, estimatori, i quali facilmente potevano indicare ai contemporanei il luogo dove era vissuto. Conoscendo quale valore Benedetto desse all'amicizia, impossibile ritenere che avesse all'improvviso rotto i rapporti col suo mondo affettivo, una volta deciso di farsi monaco. I Nursini in quell'edificio in cui Benedetto era cresciuto, costruirono in suo ricordo quell' "aedicula primitiva". L'esedra poi di quell'edificio romano, condizionò anche l'orientamento dell'antico oratorio costruito successivamente alla cappellina, inglobata in esso, e già presente e dotato di beni nel 1115; si può quindi ipotizzare che l'oratorio sia abbastanza precedente a questa data. Tutte le chiese del Nursino fino ad epoca recentissima, sono rivolte con l'abside ad Oriente; solo questa chiesa, attuale cripta, ha l'abside, che è quella dell'antica esedra, orientata ad Occidente.

Ben ha scritto R. Cordella nel suo volume su Norcia: Le pareti della cripta rivelano strutture in opera reticolata dallo spiccato in su. Questo ambiente absidato di pianta quadrata (...) fu trasformato nel primitivo oratorio di S. Benedetto con orientamento opposto a quello della chiesa attuale (sec. XIV e regolarmente volta ad Oriente). L'oratorio viene collegato al sacello descritto dal monaco Adrevaldo (...). L'ambiente cripta è diviso in tre navatelle di cui la mediana, più ampia, è coperta da una volta a sesto ribassato che sembra abbracciare lo spazio di una quarta navata distrutta (...). A capo della navatella di sinistra si apre un'absidiola che la tradizione riconosce come luogo di nascita dei Santi gemelli, certamente molto venerata a giudicare dai segni rimasti. E' decorata da affreschi della fine del sec. XIV. Nel muro accanto è ricavata una nicchietto per esigenze liturgiche. Sul vicino pilastro, sul contropilastro e sul pavimento si notano i fori di alloggiamento di una grata di ferro che già nel 1385 chiudeva l'intercolumnio del luogo venerando. Quell'absidiola, con probabile avancorpo, era l' "aedicula" di Adrevaldo. L'abitazione in un grande palazzo pubblico può suggerire che il padre di San Benedetto abbia esercitato una carica municipale importante per lungo tempo. Cresciuto comunque in un ambiente agiato, fu inviato nella prima giovinezza a Roma per studiare lettere; il papa Gregorio Magno scrive infatti: "Romae liberalibus litterarum studiis traditus fuerat".

E come figlio di famiglia agiata, fu seguito dalla sua nutrice. Pur non avendo terminato a Roma quella che oggi corrisponde alla nostra università, certamente in patria ebbe buone scuole che gli diedero solide basi culturali. Scorrendo il testo del suo unico immortale scritto: la Regola, si resta colpiti per l'abbondanza di riferimenti non solo e ovviamente scritturistici, ma anche di autori ecclesiastici e profani. Questo amore allo studio e alla conoscenza gli era stato inculcato negli anni della puerizia e dell'adolescenza; le scuole nursine, poi, dovevano avere insegnanti e alunni molto retti se Benedetto rimase assai turbato dalle aule romane e se ne fuggi. Ciò denota nel giovane una forte chiarezza interiore e una buona conoscenza di se stesso. La stessa sorella Scolastica già da tempo aveva attuato le sue scelte di vita consacrandosi a Dio fin dalla prima giovinezza; questo fatto può anche aver accelerato il processo spirituale di Benedetto, che amando di intenso affetto la sorella, era accomunato a lei dal desiderio di vita perfetta. La vita romana lo decise del tutto a consacrarsi a Dio. La Chiesa Nursina d'altra parte favoriva questa tensione verso Dio, dando ampio spazio ai Movimenti monastici nel suo territorio; non si è a conoscenza se Benedetto abbia frequentato nel suo monastero di Campi l'abate Spes, cieco da tanti anni e esempio di pazienza e di gioia nello Spirito Santo, ma quando più tardi, vivente ancora l'Abate campiano († 13 settembre 517 c.), Benedetto fonderà a Subiaco i suoi monasteri, ci sembra avesse presente la laura di Spes, il quale intorno al suo aveva costruito diversi cenobi. Di Spes, infine, imiterà la liturgia solenne della morte: "(Spes) fratribus conuocatis adstans in medio domini corporis et sanguinia sumpsit, moxque cum eis mysricos psalmorurn cantus exorsus est. Qui, illis psallentibus, orationi intentus animam reddidit. Ornnes uero fratres, qui aderant, ex ore eius exisse columbam uiderunt quae mox aperto tecto oratorii egressa, aspicientibus fratribus, penetrauit coelum". Presso le mura della città di Norcia, non molto al di fuori del recinto urbano, era presente anche un altro monastero, dedicato al grande monaco e vescovo di Tours, San Martino; ma sembra più verosimile che Spes, unitamente ai coetanei Eutizio e Fiorenzo, abbiano esercitato una loro influenza sulla formazione spirituale e giovanile di Benedetto.

Non si è a conoscenza se poi, una volta scelta la vita monastica, Benedetto sia tornato a Norcia; certamente dovette entrare in possesso dell'eredità paterna insieme alla sorella Scolastica, la quale, probabilmente dopo la morte dei genitori e dopo essere vissuta da consacrata in casa, si ritirò non molto distante da Monte Cassino in un monastero femminile; papa Gregorio Magno scrive infatti che dopo il famoso ultimo colloquio: la venerabile donna tornò nella propria "cella" e l'uomo di Dio al suo monastero. La tradizione nursina sembra suggerire, unitamente al testo gregoriano, che non esistessero altri fratelli o sorelle, poichè nessuna delle antiche famiglie è richiamata come origine a quella paterna di Benedetto, identificata più tardi in quella degli Anici; mentre la famiglia dei Reguardati sosteneva di riallacciarsi a quella materna di lui. Si volle poi che Benedetto e Gregorio appartenessero alla stessa "Gens", stirpe, anche se non se ne ha nessun riscontro documentaristico. Resta però un interrogativo a cui si può difficilmente rispondere, l'interesse del grande pontefice per il Nursino, tanto che gli dedicò l'intero secondo libro dei "Dialoghi" e ne citò la Regola preceduta da un elogio superlativo per l'autore Benedetto.

La conoscenza di personaggi e luoghi nursini mostrata nei suoi scritti, i rapporti diretti col clero locale e l'amicizia che coltivava con loro, in modo particolare con Santolo, non sembra possa essersi istaurata ai tempi in cui Gregorio Magno era "Praefectus Urbis", perchè è ben difficile che un antico governante avesse per i suoi antichi sottoposti l'affiato così soffusamente umano con cui parla dei nursini che conosce o di quelli di cui ha notizie. Si sa che Gregorio era nato da una grande famiglia senatoriale e papale, e il motivo per cui si volle far appartenere sia Benedetto che Gregorio alla stessa stirpe potrebbe essere dovuto a quanto evidenziato sopra. Se d'altra parte Gregorio, o meglio la sua famiglia, avesse avuto rapporti di parentela con quella di Benedetto, non necessariamente ne avrebbe scritto; conosciuto negli scritti è l'accenno a papa Felice III (483-492) quale "atauus meus", ma, anche se non ne accenna mai, si sa che papa Agapito (535-536) era della sua stessa famiglia e che possedeva quella stessa casa sul Celio in cui Agapito aveva costituito una biblioteca e di cui Gregorio era entrato in possesso "ex iure patris", e che trasformò nel monastero che attualmente porta il suo nome. Pur non volendo essere paladini di una tradizione relativamente recente, non si può escludere tassativamente che fra le due famiglie, di Benedetto e Gregorio, non sia esistito un qualche rapporto. Dopo tanti secoli, comunque, i nomi di Norcia, Benedetto e Gregorio formano un trinomio inscindibile. La "Vetusta Nursia" deve al Monaco e al Papa se, anche nei periodi di grande difficoltà storica, era conosciuta in Europa, e non è difficile immaginare lungo lo scorrere dei secoli caterve di monaci e pellegrini ai "veneranda incunabula" di Benedetto e Scolastica. Si può veramente dire che Norcia fece l'Uomo e l'Uomo conservò la Città, quella città che il grande storico dei Longobardi, il diacono Paolo († 798), invitava a esultare, per aver dato i natali a Benedetto, alla cui scuola e alla scuola dei suoi seguaci, si è formata l'unità culturale dell'Europa Occidentale: "Nursia, plaude satis tanto sublimis alumno; Astra ferens mundo, Nursia, plaude satis".